lunedì 24 ottobre 2022

 Speciale Guerra in Ucraina


IL PUNTO DOPO 8 MESI DI GUERRA


La guerra in Ucraina prosegue da 8 mesi ed è il caso di fare il punto della stuazione.

Nonostante quello che ripetono Putin, i suoi collaboratori e i militari, la cosiddetta "operazione speciale", non è andata assolutamente come era previsto e come sembrava andare nei primissimi giorni.

Si voleva fare un'operazione rapidissima e invece Mosca si è trovata impantanata in un conflitto lungo, costosissimo e alle prese con crescenti difficoltà. Le truppe russe erano giunte alla periferia di Kiev ma, senza rifornimenti e sotto la pressione ucraina, hanno dovuto ripassare d'urgenza la frontiera in senso inverso. L'avanzata iniziale è stata enorme in regioni come Kharkiv, Lughansk, Zaporizhzhia e Kherson, riuscendo a passare l'immenso Dnipro e ad occupare la città di Kherson, spingendosi fino alla periferia di Mykolaiv, la cui conquista avrebbe reso possibile l'avanzata verso Odessa e la Transnistria moldava occupata dai russi.

La controffensiva estiva ucraina ha dimostrato che, grazie anche alle armi giunte dai paesi amici, i russi possono essere respinti indietro, costringendo Putin ad una mobilitazione che ha mostrato altri problemi. I generali russi, usciti dall'accademia Frunze, si sono dimostrati completamente inadeguati nella loro rigidità operativa, frutto di dottrine vecchie e, nonostante le tante sostituzioni, sembrano sempre più in difficoltà, davanti a perdite che si cerca invano di nascondere, reclutando soprattutto in remote regioni periferiche.

L'enorme testa di ponte sulla riva destra del Dnipro si sta rivelando una trappola micidiale, soprattutto per la precisione realmente chirurgica dei missili GMLRS, la versione guidata dei razzi da 227 mm dell'MLRS, rivelatisi efficacissimi contro bersagli puntiformi, come certi punti dell'enorme diga sul Dnipro a Nova Kakhovka e sui ponti di Kherson. 

Putin ha proclamato 4 oblast ucraini, che neppure controlla interamente, parte della Russia, mettendo in fretta e furia in atto uno di quei referendum che farebbero ridere se non ci fosse da piangere. Ma aveva una fretta boia perché i suoi generali ripetevano che non potevano inviare rifornimenti a Kherson, per cui bisognava evacuare i civili dalla città, cosa che sta avvenendo anche se a noi risulta che una parte consistente vorrebbe attendere i reparti ucraini.

Putin, e solo lui, può scegliere se abbandonare l'intera testa di ponte, attestandosi sul grande fiume,  o tentare di mantenere una testa di ponte a Kherson e a Nova Kakhova, con il rischio di perdite crescenti. Abbandonare la città, appena proclamata "terra russa", sarebbe un colpo molto duro ma è uomo spregiudicato (guardate il caso del rilascio dei difensori di Mariupol, incluso i membri del Reggimento AZOV, in precedenza accusati di tutto e ora spariti dal lessico della propaganda putiniana!) e potrebbe farlo anche se la sua immagine subirebbe un duro colpo. Resistere significherebbe dover affrontare perdite molto dure, con i reparti in linea che sono logori e non hanno nei riservisti e nelle nuove reclute adeguati sostituti.

Schierarsi dietro al Dnipro vorrebbe dire avere un grosso ostacolo a cui appoggiarsi, grossissimo a nord della diga di Nova Kakhovka, fino all'area di Zaporizhzhia. In questo modo si potrebbe concentrare le forze disponibili su un fronte molto più piccolo rispetto a quello iniziale, rivelatosi ingestibile per le risorse militari disponibili. In più si tenta di premere su tutta l'Ucraina, colpendo la componente elettrica del paese, indispensabile anche per riscaldarsi. Ma anche le linee elettriche russe sono vulnerabili e lunghissime, per cui Putin potrebbe ritorvarsi con non pochi problemi. A nostro avviso solo una serie di pesanti sconfitte russe potrebbero o farlo ragionare o farlo "pensionare" anche perché, nonostante qualcuno non se ne sia accorto, i russi non sono quelli della II Guerra Mondiale e la guerra sta rovinando i famosi oligarchi. E neppure le altre classi sociali sono accorse in massa ad arruolarsi, con tanti che vogliono scansare perfino la mobilitazione.

Per chi non lo sapesse, il disastro finale per l'esercito  russo durante la I Guerra Mondiale, iniziò proprio in terra ucraina nel 1917, quando fallì un'offensiva. I dubbi si stanno diffondendo anche fra i russi. Qualcuno punta ancora sull'arrendevolezza europea, incoraggiata dal blocco del metano ma una parte degli alleati di Kiev sono molto decisi e i risultati si vedono anche sul campo.

Qualche  presunto esperto ripeteva che era inutile aiutare gli ucraini in quanto l'esito dello socntro era "scontato". Scontata vi era la loro ignoranza sulla reale situazione o un interesse diretto nelle vicende. I russi è noto che hanno "pasturato" bene l'Italia per anni e contano su appoggi di vario tipo. I recenti cambiamenti politici indicano che il gioco sta fallendo e se l'occidente rimane unito per Putin si preparano giorni ancora più difficili, con possibilità di una soluzione. Certi appelli, seppur animati anche da propositi di pace, sono totalmente fuori luogo perché ci si dimentica sempre due cose. Cosa è il regime di Putin e chi ha di fronte. Qualcosa di simile avvenne all'epoca del conflitto nella ex Jugoslavia, dove Milosevic sembrava il vincitore, seppur feroce, e dove sappiamo come è andata a finire anche se tanti se lo sono dimenticato. E se le bombe arrivarono anche su Belgrado (ma non certo su interi quartieri come fanno i russi), arrivarono dopo anni di massacri e sostanziale inerzia. Massacri che sono stati fermati. Tutto il resto sono discorsi inutili.

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