lunedì 16 agosto 2021

Speciale Afghanistan

 

 BIDEN: UN UOMO FINITO


Mentre gli afghani si aggrappano ai velivoli in decollo, disperati, e precipitano nel vuoto, immagini che sembrano incredibili, e altri si organizzano per resistere ai talebani, alla fine è apparso il presidente Biden. Ha letto un discorso in cui ha dato la colpa di tutto agli afghani, il che è semplicemente, non vero. Chiaramente è in uno stato non adeguato, mentre l'evacuazione da Kabul va avanti a sanghiozzo sotto lo sguardo beffardo dei talebani, ha sostenuto che gli Stati Uniti erano in Afghanistan solo per lottare contro il terrorismo. Questo è stato sconfitto ma non è colpa sua se i soldati (ha fatto riferimento a 300.000 elementi ma è una barzelletta in cui può credere solo lui) non hanno voluto più combattere. I militari statunitensi non moriranno più per Kabul.

Magari se ai primi attacchi si fosse schierato uno squadrone di A-10 e uno di AC-130 a Bagram, questi soldati che lui si permette di disprezzare (e che sono caduti in 66.000 in 20 anni!), si sarebbero fatti forza e avrebbero respinto questo branco di tagliagole. 

Più che un presidente "finito", ci è apparso un uomo finito. Non ha accettato una sola domanda e si è sottratto al confronto mentre sta mandando 7.000 militari in una situazione difficilissima. Ha parlato di nuove minacce ma lui e i suoi consiglieri ("spettacolare" il suo segretario di stato che ha parlato di "vittoria in Afghanistan") non ci sembrano assolutamente in grado di gestire sfide di un certo tipo. Ha parlato di migliaia di statunitensi da evacuare, di cittadini stranieri e di afghani, ma credete che se riusciranno nell'esfiltrare in missione NOE gli stranieri, pochi locali saranno sottratti ad un destino crudele.

7.000 militari, e i velivoli d'attacco, doveva inviarli il mese scorso. Ma come disse l'8 luglio, ad una domanda specifica, vi era "0" (e fece il gesto anche con le dita) possibilità che si ripetesse qualcosa come Saigon '75.

A proposito di Saigon 1975. Pochi sanno che l'ultimo elicottero che lasciò l'ambasciata, quando già l'eliporto era sotto tiro, atterrando su una piccola struttura, non era pilotato da un militare in servizio ma da un contractor. E di contractor statunitensi all'aeroporto di Kabul ve ne sono diversi. E le scene di panico all'imbarco sono drammaticamente simili.

Terribile anche la conferenza successiva all'intervento di Biden al Pentagono. Una giornalista afghana si è ribellata  contro le affermazioni contro il suo popolo e l'imbarazzo si tagliava a fette. Il prestigio statunitense è stato umiliato da persone incapaci e demagogiche. Ora è il tempo di vedere cosa si può fare, anche senza Biden, per gli afghani e per togliere dal posto in cui sono arrivati (più per demerito altrui che per merito proprio) certi elementi. Poi si dovrà vedere come gestire la situzione insieme agli afghani coraggiosi e decisi. La lotta non è finita.





 

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