MOSCA: MISSILI E PROPAGANDA
Putin è in difficoltà sul piano militare e scatena la macchina della propaganda, incluse le sue forti propagini in Europa, oltre che i suoi militari.
Davanti alla resistenza ucraina e alla prospettiva che questa riceva quantitativi significativi di armi pesanti anche moderne, ovviamente tenta di chiudere la partita utilizzando lo strumento militare anche in modo indiscriminato contro i civili, colpendo anche affollati centri commerciali (e smettiamola con la storiella del "missile deviato dalle difese ucraine"). E nello stesso tempo ripropone i temi di una propaganda becera in cui si configura l'Ucraina come un paese da "denazificare" e, ovviamente, i paesi che l'appoggiano come sostenitori di "nazisti".
Ovviamente la realtà dei fatti è completamente differente. In Ucraina siamo stati anche a maggio ma non abbiamo trovato alcuna traccia di quel nazismo di cui parlano anche i manutengoli di Putin. Ovviamente l'aggressione su larga scala russa ha alimentato il patriottismo ma in quanto a nazismo non né abbiamo trovato traccia, né oggi ne in precedenza, ricordando che la nostra prima visita in Donbas risale all'aprile 2014. Quanti di quelli che oggi parlano di "nazismo" sono stati in Ucraina? Non pochi invece sembrano ispirarsi largamente alle "veline" che Mosca fa pervenire, spingendoli verso affermazioni tragicomiche, veramente imbarazzanti.
Tanti presunti "esperti" oggi ci vorrebbero convincere che paesi come il Regno Unito, l'Australia, la Spagna a guida socialista, la Svezia o la Finlandia, solo per fare alcuni nomi, appoggerebbero dei "nazisti". Ci sembra un'analisi fuori da ogni realtà se non fosse che certe posizioni sono dettate da precisi legami.
Tentare di spacciare un regime come quello russo come anime candide vittime dell'aggressione ucraina spalleggiata dall'occidente, è una forzatura che travalica i semplici punti di vista. Anche l'allarme circa le conseguenze economiche lanciato da qualcuno, dovrebbe servire a salvare l'Europa dai problemi ma la posizione emersa dal vertice dei G7 di questi giorni, rischia di mettere ai margini anche economici il regime di un autocrate come Putin e i suoi fantasmi imperiali.
In prospettiva vi è la probabilità che gli ucraini non solo resistano ma, adeguatamente riequipaggiati, possano dare nuovi dispiaceri alle forze russe, costrette oramai a far appello ai riservisti; al momento solo volontari ma con i maschi delle zone sotto il controllo russo, ad iniziare da Donietsk e Lughansk, tutti mobilitati e spediti sui fronti più pericolosi.
Si tratta di un grande conflitto dove anche i media hanno un loro ruolo, specialmente in un paese privo di libertà sostanziale come la Russia di Putin, molto attivo da anni nel raccogliere appoggi per veicolare tesi oggettivamente insostenibili.
Questa situazione ci ricorda quanto avvenuto nella ex Jugoslavia giusto 30 anni fa, seppur su scala molto più piccola. I serbi utilizzarono le armi di cui disponevano in abbondanza, compiendo anche numerosi crimini. Alla fine sappiamo tutti come è andata a finire, nonostante la NATO se ne tenesse alla larga per anni e in tanti non intervenissero per evitare autentici massacri.
Sull'effetto delle sanzioni contro un grande paese con immense risorse, siamo scettici mentre dare agli ucraini il modo per difendersi e respingere l'aggressione ci sembra l'unica via pratica per il ritorno ad una pace effettiva. E il fatto che dal Cremlino giungano evidenti segnali di nervosismo, come certe affermazioni in cui Medvedev, giusto per fare un esempio, dichira di voler far sparire l'ocidente, sono indicative del fatto che il regime di Putin sa di giocarsi una partita decisiva.
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