giovedì 11 ottobre 2018

SPECIALE FRONTE DEL DONBAS

UN'ALTRA GUERRA CHE SI VUOLE DIMENTICARE

Il "benvenuto" sul fronte del Donbasm in Ucraina, ce lo  porge una raffica di 4 colpi di AK-74 in 5,45x39 mm, facilmente riconoscibile dal precedente AKM (il primo Kalashnikov in 7,62x39 mm) per il suono più acuto. La raffica è partita a breve distanza ma non era diretta verso di noi e nessuno dei militari intorno a noi batte ciglio.
"I giorni sono calmi", ci dice il comandante del battaglione della 92a Brigata ucraina che controlla questo tratto di fronte alla periferia di Donietsk, "I problemi" prosegue, " sorgono la notte, proprio quando gli osservatori ONU e dell'OCSE non fanno servizio e vanno a dormire. Fanno gli osservatori su un conflitto ma solo ore diurne! Forse non ricordano che di notte si combatte.
Siamo arrivati sul fronte del conflitto fra Ucraina e Russia, una guerra in Europa, anche se proprio di questi tempi diversi politici, per esorcizzare importanti cambiamenti politici che si delineano per le prossime elezioni di maggio per il Parlamento Europeo, ripete come un mantra che: "Questa Unione Europea ha assicurato comunque 70 anni di pace in Europa". A parte che diversi abitanti dei Balcani insorgerebbero davanti a questa affermazione, ricordando addirittura spaventosi massacri e anni di combattimenti, invitiamo questi politici distratti a farsi un giro fra le trincee e le postazioni del conflitto nel Donbas: non una piccola area di tensione ma ben 400 chilometri di fronte, fra miniere di carbone, fabbriche enormni abbandonate e foreste.
Siamo in Europa orientale ma sempre in Europa. Da queste parti combatté perfino il CSIR, il Corpo di Spedizione Italiano in Russia, in particolare a cavallo del 1941-42. Donietsk si chiamava Stalino, non in omaggio al dittatore sovietico ma perché "stal" vuol dire acciaio e qui, dopo la scoperta d'immense risorse di ottimo carbone, sorse, dal nulla, l'industria pesante dell'Unione Sovietica, in seria difficoltà dopo il crollo dell'URSS nel 1991, quando sparirono le grandi commesse statali.
Oggi in molte strutture industriali vi sono i militari, appostati anche nelle abitazioni diroccate, il tutto collegato da camminamenti e barricate, al cui riparo conviene rimanere sempre perché i cecchini sono costantemente in agguato.
I civili sono rimasti a vivere a poche centinaia di metri di distanza dalle linee contrapposte, con i palazzi che, specie nei piani alti, mostrano evidenti i segni dei combattimenti di oltre quattro anni di scontri. La gente sopravvive ma non è assolutamente facile, così come a Donietsk, oltre le linee russe. 
Nel comando di battaglione sui monitor appaiono le immagini di varie videocamere e piccoli velivoli teleguidati, che mostrano i blocchi della periferia della parte nord città, devastato dai combattimenti, incluso il grande aeroporto, realizzato nel 2012 per gli europei di calcio, completamente distrutto dalla durissima lotta per il suo controllo, incluso l'adiacente Hotel Pilot, in cui abbiamo alloggiato.
Che vi sia in corso un conflitto è palese. Che in molti lo vogliano far dimenticare è un altro discorso ma è altrettanto chiaro.
Lo vuol far dimenticare Putin, a cui piacciono le azioni rapide (come l'occupazione della Crimea nel marzo 2014, qualcosa come 26.000 chilometri quadrati, più della Sicilia, non proprio un angolino di territorio), ora costretto a mantenere il Donbas sotto il controllo delle sue truppe, dopo che vi ha fatto arrivare centinaia di carri, centinaia di mezzi blindati per la fanteria e via discorrendo fino a realizzare due corpi d'armata, il tutto ampiamente documentato da immagini satellitari ma anche colte dagli abitanti. Se sono state date delle senzioni, non è stato per qualche futile motivo. Fu solo grazie a questo enorme sforzo militare che evitò la sconfitta dei separatisti, che pure aveva alimentato con armi individuali e personale dei servizi segreti e delle forze speciali. Nell'agosto 2014 la controffensiva ucraina stava per cogliere successi determinanti, come l'accerchiamento di Donietsk, quando decise di far intervenire le sue truppe, in primo luogo la potente artiglieria ma anche elementi a terra, tanto che diversi di loro furono catturati. Spera che il silenzio almeno congeli la situazione attuale dato che gli ucraini si sono organizzati e oggi dispongono di armi pesanti e personale addestrato. Putin a volte sembra non ricordare neppure da che parte di mondo si trovi il Donbas ma all'aggressivo ex agente del KGB non basta la sua espressione a cancellare realtà che sono eclatanti, tanto che perfino gli svedesi, popolo notriamente pacifico ma non sprovveduto, si stanno riarmando.
L'oblio sull'aggressione russa all'ucraina (difficile trovare altra definizione senza scivolare nel ridicolo) piace a quei paesi europei che fanno grossi affari con Mosca e ricevono materie prime (l'unica cosa che la Russia  produce, oltre alle armi), indispensabili per l'economia. Qualcuno parla dei danni alla nostra economia dovute alle sanzioni. Ma l'Italia non ha dato le sanzioni a Mosca sui pomodori e gli spaghetti, ma è stato Putin a rispondere alle sanzioni europee su certe tecnologie militari sanzionando il nostro settore alimentare ma non le Mercedes, che piacciano tanto ai russi ricchi (quelli ricchissimi hanno ambizioni automobilistiche anche superiori).
L'Ucraina ha sconfinati campi dove si produce una marea di grano; il famoso "granaio d'Europa". Ma questi problemi sembrano lontanissimi passando per trincee e camminamenti, in mezzo a capannoni devastati, con chi ci accompagna che ci raccomanda di non avventurarsi di lato perché intorno è tutto disseminato di mine, posati da altri reparti o dal nemico.
La situazione cambia ancora a poche centinaia di metri, lungo la strada che porta dentro Donietsk. Qui fanno la coda le macchine di quei fortunati cittadini che hanno benzina e soldi (Euro e Dollari, niente rubli moneta corrente nelle zone sotto controllo russo) per passare il fronte e stanno passando i controlli per farli rientrare in città, dopo che sono stati oltre il fronte ucraino a fare la spesa! Uomini avanti con gli anni e donne ( i giovani sono tutti mobilitati), con facce preoccupate e macchine vecchie, pensierosi per un futuro che appare diverso da quello assicurato da Putin pochi anni or sono.
A Donietsk non solo mancano molti generi primari ma è palese lo scontro fra bande. Molti capi locali sono stati uccisi in drammatici regolamenti di conti. Personaggi decisamente di basso profilo, strettamente agli ordini del personale dei servizi di Mosca, non di rado con precedenti attività tutt'altro che adamantine. Il caso per ora più clamoroso è quello del presidente della Repubblica Popolare di Donietsk (una delle due autoproclamate realtà, insieme alla Repubblica Popolare di Lugansk, con tanto d'esposizione di falci e martelli), quell'Alekxandr Zakharchenko che è saltato in aria mentre, insieme al suo responsabile delle finanze (rimasto ferito), era andato a farsi u caffè al bar Separatist, nei pressi del suo ufficio, lo scorso 31 agosto. Per ora è l'ultima di una lunga lista di vittime di personaggio localmente noti (specie capi militari di assortite milizie), morti non al fronte ma magari saltati in aria mentre prendevano l'ascensore. Alla fine di settembre un ordigno ha ferito il capo dei comunisti locali durante un comizio, a riprova di quante tensioni esistano da quelli parti. Mosca ha parlato per l'uccisione di Zakhachenko di "una incursione di commandos ucraini" ma tutti sanno come stanno le cose e hanno paura, specialmente chi è implicato nei tanti traffici nati  dopo l'inizio della guerra.
In prima linea e a Donietsk tutti utilizzano il telefonino ma in tanti ascoltano e capiscono perché tutti gli ucraini comprendono anche il russo. Sanno che per Putin il Donbas è divenuta una piaga dolorosa. Sanno e attendono.

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