PROSPETTIVE DEL CONFLITTO IN LIBIA
Dopo la recente conquista del Fezzan da parte delle forze del generale Haftar è forse il caso di fare il punto della situazione anche per il rilevante peso politico che il paese esercita sull'Italia, per motivi solo chi annega nell'ignoranza può ignorare.
Tanto per cominciare le forze nazionaliste libiche hanno preso il controllo d'importanti giacimenti petroliferi, roba da 350.000 barili al giorno, per cui non proprio marginali.
I proventi del petrolio vengono ripartiti fra Bengasi e Tripoli dalla compagnia petrolifera nazionale, che opera in pratica da Malta e gestisce denari (molti) indispensabili per i contendenti. Con ogni probabilità gli introiti saranno ridistribuiti in altro modo dopo i recenti avvenimenti strategici.
Le forze di Haftar non saranno l'Africa Korps ma hanno dimostrato di saper operare a grande distanza dalle loro basi, in pieno deserto, anche se quello attuale non è quello del 1940/43. All'epoca vi erano solo piste mentre oggi vi sono anche arterie asfaltate e vari aeroporti, oltre che a capaci pozzi d'acqua.
A questo punto alle forze delle milizie del governo di tripoli, resta solo una parte della Tripolitania. Una parte perché dall'inizio di questa fase della Guerra Civile a sud e a est della capitale operano milizie alleate di Haftar, a qualche decina di chilometri dalla capitale. Con la nuova avanzata diviene fattibile un collegamento via terra, con una zona che si estende fino al confine con la Tunisia.
Nodo strategico di notevole importanza è Nalut, a ridosso del confine, che si erge su di un'altura e domina una zona a strapiombo sul deserto ma che potrebbe essere anche aggirata.
In troppi si dimenticano delle forze nazionaliste che controllano una vasta area a ridosso di Tripoli e che potrebbero giocare un ruolo fondamentale.
Misurata, le cui milizie hanno un peso non indifferente, sembrano voler rimanere fuori da questo scontro e in questo modo rimarrebbero escluse dai combattimenti. L'attacco a Tripoli potrebbe avvenire da sud e da occidente, zona assolutamente pianeggiante, senza contare che l'acqua per la capitale giunge da giacimenti geologici nell'interno, che sono già oggi a portata di mano delle truppe di Haftar.
Probabilmente non si giungerà ad una battaglia finale in quanto la situazione collasserebbe prima e qualcuno non saprebbe dove andare. Si parla anche dell'arrivo di unità navali davanti a Tripoli per bloccare il porto, altro motivo per cui la situazione collasserebbe.
Molto probabilmente ci sarà un accordo o una serie di accordi che metteranno ai margini le milizie integraliste e le bande di briganti più aggressive, destinate sennò ad essere spazzate via (non hanno le capacità di resistenza di altre milizie integraliste nel mondo).
Per la Turchia di Erdogan sarà una sconfitta mentre altri paesi vedranno completata la loro strategia.
E l'Italia.
Puntare su Sarraj è stato un grave errore, in quanto in un paese in guerra da anni, chi non ha milizie proprie non ha speranze se non raccoglie vasti consensi, mentre Sarraj si è schierato in pratica con le forze di Tripoli (anche se in realtà l'iter è stato molto più complicato). Per il futuro serviranno però figure in grado di ricomporre il paese, per cui potrebbe tornare utile, così come altri "pontieri".
L'Italia deve rendersi conto del nuovo quadro politico del paese e agire di conseguenza, senza fare manovre furbastre come l'evitare un coinvolgimento diretto. Alla Libia serve sicurezza e noi possiamo dare un contributo importante ovviamente anche difendendo i nostri interessi che, in questo caso, si declinano alla voce risorse naturali e blocco del traffico di clandestini. Intanto dal Niger non ne arrivano più e se le milizie che controllano il Fezzan ora appena s'impegnano (e forse serve un aiuto per stimolare il loro impegno) non passa più nessuno, in un quadro che attualmente vede i flussi dalla Libia praticamente a livelli bassi, i più bassi dal 2011.
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